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Corte dei Conti: la relazione sulla sanità

Corte dei Conti: la relazione sulla sanità

Rimangono anche forti differenze nella qualità e nella disponibilità dei servizi fra le varie Regioni e questa situazione di diseguaglianza viene intercettata dalla crescente incidenza della mobilità sanitaria, secondo il Procuratore generale della Corte dei Conti.

Mercoledi 27 Giugno 2018
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“I numerosi interventi in tema di razionalizzazione della spesa si  sono abbattuti nel comparto sanitario con tagli spesso troppo lineari.Tuttavia bisogna riconoscere che il sistema  sanitario nazionale ha saputo proporre scelte e metodologie  organizzative profondamente innovatrici, in grado di preservare i  livelli qualitativi di servizi resi ai cittadini”.

A dirlo è il Procuratore generale della Corte dei Conti, Alberto Avoli, nella sua memoria orale in occasione della presentazione del “Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2017”.

Secondo Avoli la sanità nel 2017 ha registrato una spesa sostenuta dal servizio sanitario nazionale di 117,472 miliardi, in crescita dell’1,34% rispetto all’esercizio precedente, quasi interamente ricoperta dal gettito tributario (Iva e accise in primo luogo e quindi IRAP e addizionale regionale IRPEF), con una incidenza del 6,85% sul PIL.

La spesa pro capite è stata in media di 1.939 euro (1.912 nel 2016). Circa 40 miliardi di euro sono stati impiegati per l’acquisto di beni e servizi, tra i quali i prodotti farmaceutici (per i quali si rileva una limitata progressione) e i dispositivi medici in incremento. Tra le voci “minori” merita di essere ricordata la dinamica della spesa per vaccini.

 


Immutato il costo complessivo del personale, secondo il Procuratore si deve purtroppo registrate la contrazione della spesa per investimenti infrastrutturali e tecnologici, il che determina e aggrava il significativo tasso di obsolescenza delle tecnologie a disposizione delle strutture.

Secondo dati del ministero della Salute, circa un terzo delle apparecchiature è operativo da più di dieci anni ed ha bisogno di frequenti manutenzioni che le rendono indisponibili per lungo tempo.

E rimangono forti differenze nella qualità e nella disponibilità dei servizi fra le varie Regioni e questa situazione di diseguaglianza viene intercettata dalla crescente incidenza della mobilità sanitaria.

Ad esempio, la Regione Calabria ha una mobilità passiva in uscita del 21,3% (a fronte di una mobilità attiva del 2,5%), la Sicilia ha rispettivamente percentuali del 7,1 e dell’1,8. Quali poli di attrazione per i cittadini che decidono di ricevere le cure in aree diverse da quelle di residenza spiccano Lombardia e Veneto al Nord, Emilia Romagna, Toscana e Umbria al centro.

Alcune Regioni hanno dato migliore prova, accentuando ancora di più la divaricazione fra i vari territori regionali, che tuttora caratterizza il comparto.

Ma i nei ci sono e Avoli, nella sua memoria scritta, li declina nel capitolo sulla sanità evidenziando tra i fattori che influenza l’evoluzione del sistema, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento dell’aspettativa di vita e l’innovazione che richiede investimenti per poi portare a risparmi.

 La situazione finanziaria incide sull’offerta dei servizi e a cascata sulle liste d’attesa e criticità ci sono anche riguardo le cronicità, la riabilitazione e le cure intermedie “settori nei quali il fabbisogno è in crescita in ragione del costante incremento di età della popolazione”.

Secondo il Procuratore, anche se c’è ottimismo (“cauto”) sul versante del riequilibrio di spesa, è necessario sottolineare che perdurano situazioni di squilibrio per macro aree territoriali che rischiano “di diventare fattori caratteristici di divario tra le stesse e mostrando, in taluni ambiti, una sorta di possibile, incolmabile, divario tra Nord e Sud”.

Si modificano poi “in peius, i segnali rappresentati dalla non uniforme copertura delle esigenze di assistenza da parte della sanità pubblica, sempre più spesso, specie nel settore farmaceutico, integrata dalla quota parte gravante sulle famiglie”.
Famiglie che secondo il procuratore della Corte dei Conti , “alla ricerca di una (comprensibile) pretesa ad un’assistenza e cura che vogliono vedere posizionata a livelli ottimali, fanno ricorso ad una permanente migrazione verso quelle strutture pubbliche che ritengono possano offrire una risposta maggiormente adeguata alla loro domanda”.

E questo, appunto, in particolar modo, nelle cronicità, nella riabilitazione e nelle cure intermedie, legate, anche, all’aumento, costante, dell’età media.

“Lo Stato – si legge nella memoria -  pur aumentando il proprio impegno per far fronte alle aspettative della collettività, collegate ad un’assistenza di livello qualitativo adeguato, evidente nella spesa per beni e servizi, tra i quali, posto di rilievo è rappresentato dalla somministrazione, sostanzialmente in ambito ospedaliero, di farmaci innovativi nonché dal programma di miglioramento e di riqualificazione dei Lea, sconta un’evidente difficoltà nella realizzazione degli Accordi di Programma in materia di investimento, che trovano una limitata attuazione a fronte delle risorse rese disponibili in tale ambito”.

Secondo la memoria la legge di bilancio 2017 ha previsto, a decorrere da tale anno, una sostanziale modifica della ripartizione, tra classi, della spesa farmaceutica, modificando l’inclusione dei medicinali e comportando, per i farmaci di classe A, ora rientranti nella spesa ospedaliera e non più in quella territoriale, una modifica dei tetti di spesa dall’11,35% al 7,96% per la territoriale a un aumento dal 3,5% al 6,89% di quella ospedaliera, con conseguenze che incidono sulla stessa dinamica di spesa che non sembra portare ad una puntuale collimazione tra la stessa e le esigenze dei fabbisogni correlati.

Questo si evidenzia con i dati connessi ai ricoveri ospedalieri, che hanno visto aumentare, secondo gli indicatori DRG, in maniera “che può considerarsi eccessiva”, quelli di tipo diagnostico diurno, soprattutto per patologie specifiche trattabili a livello territoriale.

Assistenza territoriale che non sempre appare adeguata a rispondere alle richieste della fascia più debole di popolazione, anziani e disabili, anche se non può negarsi che il trend, seppure lentamente, è in crescita ma anche che appare insufficiente, sia nelle Regioni in piano di rientro e non, l’offerta di posti in strutture residenziali per anziani non autosufficienti e per disabili in strutture semiresidenziali.

Questa inadeguatezza, che deriva anche dalla necessità di riorganizzare la spesa sotto il profilo di una migliore allocazione delle risorse, che “sconta tempi non sempre collimati al mutare delle esigenze della popolazione (ma la complessità del fenomeno non è, sicuramente, di agevole lettura) ha comportato, di riflesso, un maggior impegno economico delle famiglie nel tentativo di accedere, in tempi non dilatati, alle cure”.

A fianco di questa si schiera il maggior contributo coperto da regimi di finanziamento volontario ed, entrambi, si pongono a copertura e giustificazione del divario rappresentato dal peso gravato, nel quadriennio 2013/2016, sulle famiglie, cresciuto dell’8,3% rispetto all’impegno di spesa delle amministrazioni pubbliche cresciuto, nel medesimo arco temporale, solo del 2 per cento.

Pure con queste criticità, secondo il procuratore, negli ultimi anni gli sforzi di riorganizzazione della spesa, sia in termini di assistenza diretta - attraverso un miglior e più appropriato sistema di acquisizione di beni  - sia di rimodulazione delle operazione di efficientamenti (dai Lea, al piano delle cronicità) “hanno consentito di ottenere significativi progressi, incentivati dall’abbandono della logica dei tagli lineari e all’implementazione dei percorsi di rientro dalle criticità regionali e dell’assistenza ospedaliera, su cui grava, però, la ricordata difficoltà a tramutare, tempestivamente, in realtà, gli accordi di programma con le singole regioni”.

Il procuratore conclude sottolineando che “una integrale riforma del settore è lungi dal potersi definire realizzata, ma l’analisi ha come denominatore comune, negli anni via via esaminati, un cauto ottimismo sulla possibilità che risultati sempre migliori e sempre più adeguati alle mutate, pressanti esigenze della popolazione, possano raggiungersi”.

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